Il bosco di Zanzotto: una poetica della natura

Andrea Zanzotto, poeta della semantica della natura ed estremo difensore del paesaggio, è sempre andato alla ricerca, nel corso della sua carriera intellettuale e poetica, di quei nessi linguistici tramite i quali il linguaggio potesse esprimere al meglio le sue potenzialità, bilanciandone la forza primitiva e la spinta innovativa. Attraverso varie fasi di sperimentazione, Zanzotto si è spinto, fin dai primi lavori di fattura ermetica e simbolista ai testi degli ultimi anni,  a denunciare l’inasprimento del paesaggio con conseguente degrado dell’idea di natura e della natura stessa. Ha fatto pertanto del paesaggio il perno del suo universo poetico

Andrea Zanzotto nella sua casa a Pieve di Soligo

Andrea Zanzotto ha osservato con frustrazione l’evolversi della società dalla fine della Seconda guerra mondiale e ha costruito un bosco ideale dove esperire e sperimentare l’autentica relazione tra gli elementi fondamentali della realtà: uomo, natura e linguaggio.

Meditazioni liriche sul paesaggio

Nel 1951 usciva la sua prima raccolta poetica, dal titolo Dietro il paesaggio, suddivisa in tre sezioni – Atollo, Sponda al sole e Dietro  il paesaggio: qui compaiono i luoghi della giovinezza del poeta. Si tratta precisamente di  Pieve di Soligo – paese natale di Zanzotto -, e dei boschi di Lorna, il borgo di Rolle, il colle del Montello e il fiume Piave.

Pieve di Soligo

Ognuno di questi luoghi è di fatto protagonista indiscusso non solo della raccolta di cui sopra, ma dell’opera omnia del poeta veneto. 

Cosa racchiude in sé l’idea di paesaggio per Zanzotto allora?


Altro non è che un luogo fittizio, fatto di ricordi, memorie e suggestioni, tramite il quale il poeta esprime il proprio universo interiore e si estranea dalla circostanza-guerra che aveva vissuto negli anni di stesura di questi primi versi.
Come spiegò lui stesso in un intervento del 1981: 

Nei miei primi libri io avevo addirittura cancellato la presenza umana, per una forma di fastidio causato dagli eventi storici; volevo solo parlare di paesaggi, ritornare a una natura in cui l’uomo non avesse operato. Era un riflesso psicologico alle devastazioni della guerra.

Negli anni successivi  a questa prima raccolta si dedicò a notevoli sperimentazioni liriche – ne sono esempio Vocativo (1957) e La beltà (1968), che ne hanno conclamato la presenza nel panorama poetico a lui contemporaneo. 

Il paesaggio è di fatto l’unica dimensione-rifugio della vita e della poesia: a quest’ultima – che sembra divagare e intorbidare, ma infine dilucida quanto v’è di più aggrumato nella storia – l’arduo compito di ristabilire la fragile connessione tra uomo e ambiente.

Al mondo 

Mondo, sii, e buono;
esisti buonamente,
fa’ che, cerca di, tendi a, dimmi tutto,
ed ecco che io ribaltavo eludevo
e ogni inclusione era fattiva
non meno che ogni esclusione;
su bravo, esisti,
non accartocciarti in te stesso in me stesso.
 
Io pensavo che il mondo così concepito
con questo super-cadere super-morire
 
il mondo così fatturato
fosse soltanto un io male sbozzolato
fossi io indigesto male fantasticante
male fantasticato mal pagato
e non tu, bello, non tu «santo» e «santificato»
un po’ più in là, da lato, da lato.
 
Fa’ di (ex-de-ob etc.)-sistere
e oltre tutte le preposizioni note e ignote,
abbi qualche chance,
fa’ buonamente un po’;
il congegno abbia gioco.
Su, bello, su.
 
     Su, Münchhausen.

da La Beltà 

La necessità evidente per interpretare la parola poetica di Zanzotto è quella di  evidenziare una sorta di teoria della percezione ecologica che per vie traverse giunge fino a Il Galateo in Bosco (1978) – primo volume della trilogia, a cui seguono Fosfeni e Idioma: qui il Montello è allo stesso tempo il paesaggio naturale dell’autore, ma anche un luogo storico, segnato dagli ossari dei caduti della Prima guerra mondiale, e ancora luogo letterario – qui Giovanni della Casa scrisse il Galateo.

Rivolgersi agli ossari

Così che suono a parlamento
per le balbuzie e le più ardue rime,
quelle si addestrano e rincorrono a vicenda,
io mi avvicendo, vado per ossari, e cari stinchi e teschi
mi trascino dietro dolcissimamente, senza o con flauto magico
Sempre più con essi, dolcissimamente, nella brughiera
io mi avvicendo a me, tra pezzi di guerra sporgenti da terra,
si avvicenda un fiore a un cielo
dentro le primavere delle ossa in sfacelo,
si avvicenda un sì a un no, ma di poco
differenziati, nel fioco
negli steli esili di questa pioggia, da circo, da gioco.

da Il Galateo in bosco

In questo spazio, insieme letterario e storico, i resti umani insieme a quelli linguistici riplasmano fondendosi un significato primordiarle, consegnato dalla memoria,  ma veicolato dalla poesia.

Prose di luogo

Andrea Zanzotto non fu scrittore di soli versi; nel corso degli anni produsse una grande quantità di scritture in prosa – definite prosa di luogo. 

Alcuni di questi testi – ora raccolti nel volume Luoghi e paesaggi edito da Bompiani – contengono riflessioni di natura teorica sul concetto di paesaggio, molti altri sono dedicati ai luoghi amati dal poeta, ma anche alla critica feroce contro i deturpamenti compiuti dalla società del boom economico su questi stessi luoghi.

Il paesaggio a ben vedere, ovvero quello che noi chiamiamo ‘paesaggio’, irrompe nell’animo umano fin dalla prima infanzia con tutta la sua forza dirompente; da questo “stupore” iniziale ha origine interminabile dei tentativi del (tattili, gestuali, visivi, olfattivi, fonatori…) compiuti dal piccolo d’uomo per giungere ad esperire le cose come si verificano; ma fino a quel momento egli deve illudersi, avvertendo soltanto una specie di “movimento di andata e ritorno”, o di “scambio”, tra l’io in continua e perenne auto-formazione e il paesaggio come orizzonte percettivo totale, come “mondo”. Il mondo costituisce il limite entro il quale ci si rende riconoscibili a se stessi, e questo rapporto, che si manifesta nella cerchia del paesaggio, è quello che definisce anche la cerchia del nostro io. 

da Il paesaggio come eros della terra

Fonti consultate

Raboni, Giovanni. 2005. “La poesia che si fa.” Cronaca e storia del Novecento poetico italiano 1959-2004: 284.

Scaffai, Niccolò. 2014. “Letteratura e ecologia.” Letteratura Europea, diretta da Piero Boitani e Massimo Fusillo, Torino, Utet, in press. Langue: italien.

Zanzotto, Andrea. 1978. Il galateo in bosco. Mondadori.

Zanzotto, Andrea, and Marzio Breda. 2009. In questo progresso scorsoio. Garzanti.

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