Il Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale: e se le cose fossero andate diversamente?

Siamo ormai abituati a pensare al Giappone quasi come ad una “potenza dalle ali mozzate”. Questo, molto probabilmente, in luce del fatto che il Paese, una volta considerato un grande Stato militare con ambizioni espansive, sul finire della Seconda guerra mondiale subì la distruzione di due delle sue città più importanti, Hiroshima e Nagasaki, ad opera di due ordigni nucleari sganciati dall’esercito americano. Ma cosa sarebbe successo se questo non fosse mai accaduto? Dove sarebbe il Giappone adesso?

Il Giappone e la Seconda guerra mondiale

Già negli anni Trenta il Giappone aveva cominciato a mostrare le sue mire imperialistiche, grazie alle sue rinnovate capacità militari e al suo riconoscimento, da parte delle grandi potenze del tempo, della sua importanza a livello mondiale. Nel 1922, infatti, durante la Conferenza di Washington, si era stabilito, con il Trattato cosiddetto “delle cinque potenze”, con il quale gli Stati vincitori della Prima guerra mondiale trovarono un accordo per limitare le costruzioni navali al fine di prevenire il verificarsi di un nuovo conflitto globale. Tramite il trattato vennero stabilite delle proporzioni cui gli Stati si sarebbero dovuti attenere nel tonnellaggio delle navi da battaglia: 5 per Gran Bretagna e Stati Uniti, 3 per Francia e Giappone, 1,5 per l’Italia. La parità tra Giappone e Francia, un boccone amaro da digerire per il governo di Parigi, fu considerata come il primo riconoscimento della potenza nipponica, e, dunque, del suo conquistato ruolo di potenza mondiale.

La crisi del ‘29, partita dagli Stati Uniti per poi dilagare in tutta Europa, non risparmiò neanche il Giappone, e anzi favorì il ritorno dell’élite militare al potere. Uno degli obiettivi principali fu quello di dimostrare l’effettività della potenza giapponese, ragione per cui si decise di compiere un passo che ebbe delle importantissime ripercussioni: l’invasione della Manciuria

Vi erano, nella regione, importantissimi interessi economici per il Giappone: vi avevano infatti investito ingenti risorse per la costruzione di imponenti reti ferroviarie. Nel settembre 1931 alcuni reparti militari giapponesi occuparono la capitale della Manciuria, in risposta a schermaglie perpetrate dagli abitanti della regione. Nel giro di poco tempo i militari giapponesi ebbero il controllo della zona, nonostante deboli appelli della Società delle Nazioni (l’”antenato”, se così si può dire, dell’attuale Organizzazione delle Nazioni Unite) e la costituzione, da parte della stessa, di una Commissione d’inchiesta ad hoc, la Commissione Lytton (dal nome del suo presidente) per indagare sull’aggressione giapponese. L’aggressione rimase impunita e i giapponesi considerarono la mancanza di azioni nei loro confronti come un via libera a proseguire nella loro politica imperiale. Cosa che non mancarono di fare, fino al 1945.

What if…?

La conquista giapponese di territori al di fuori dei confini del loro Stato proseguì imperterrita fino al 1945, anno in cui le bombe nucleari sganciate su Hiroshima e Nagasaki distrussero due dei più importanti centri urbani giapponesi. Ma cosa sarebbero potuti diventare i giapponesi se questo non fosse mai accaduto?

Considerando l’estensione territoriale raggiunta, che ricomprendeva, tra gli altri, Stati come il Vietnam (allora diviso in Cocincina, Annam e Tonchino, che tutti insieme avevano costituito l’ex colonia francese Indocina) la Corea e l’Indonesia, il Giappone avrebbe avuto sotto il suo controllo una popolazione ben più numerosa dei suoi attuali 128 milioni di abitanti (almeno 4/5 volte tanto, all’incirca, considerando l’attuale densità abitativa di tali Paesi). Il che, tra l’altro, avrebbe reso possibile, per il Giappone, poter contare su una popolazione più giovane, considerando che nel solo Vietnam attualmente l’età media è di circa 35 anni. La giovane età avrebbe implicato, di conseguenza, un maggior numero di persone in età da lavoro, che, ben formate e grazie al progresso tecnologico che già adesso ha reso il Giappone una middle power, avrebbero condotto il Paese ad una crescita economica ancor più rilevante di quella che il Giappone ha vissuto fino ad adesso. Ciò, tra gli altri fattori, avrebbe contribuito, secondo la teoria economica, ad una riduzione del rapporto debito/PIL, che attualmente viaggia intorno al 260%. Molto più elevato che in Italia, nonostante il Paese del Sol Levante goda di una maggiore credibilità sui mercati finanziari, tale per cui anche questo rapporto così elevato viene considerato sostenibile.

La mancanza di vincoli costituzionali come quelli stabiliti in seguito al secondo conflitto mondiale, inoltre, in base ai quali il Giappone ha scelto di essere uno Stato neutralizzato, rinunciando alla guerra come diritto sovrano della Nazione, avrebbe permesso di continuare a perseguire una politica, se non di stampo militarista, perlomeno più attenta al settore della difesa. Questo, di conseguenza, avrebbe permesso non solo di avere una maggiore libertà di intervento a sostegno della pace e della sicurezza internazionale in termini bellici – anche se, attualmente, il Giappone fornisce uno dei più ingenti contributi alle missioni di mantenimento della pace dei caschi blu onusiani, i quali appunto non sono autorizzati all’uso delle armi se non per scopi difensivi -, ma anche di sviluppare maggiormente l’industria della difesa, un business non da poco per un Paese che aspiri a diventare una potenza riconosciuta a livello mondiale.

Tutto quello che è stato appena descritto è, tuttavia, una mera elucubrazione. Il Giappone è stato in effetti duramente colpito dall’attacco statunitense alle città di Hiroshima e Nagasaki, e questo è bastato all’imperatore e al governo giapponesi per decidere di arrendersi agli Alleati, per poi subire le dure conseguenze del loro operato. Non ci resta, dunque, che fantasticare, e credere che, forse, se questo non fosse successo, il Giappone sarebbe, adesso, una delle maggiori potenze mondiali.

Fonti consultate

E. Di Nolfo, “Storia delle relazioni internazionali. Dalla pace di Versailles alla conferenza di Potsdam. 1919-1945”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2015

https://www.ice.it/it/sites/default/files/inline-files/VIETNAM_REPORT_260620.pdf ultimo accesso 04 agosto 2022https://www.statista.com/statistics/267226/japans-national-debt-in-relation-to-gross-domestic-product-gdp/ ultimo accesso 04 agosto 2022

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