We love Japan! Giapponismo e nascita delle stampe ukiyo-e

Il fascino che da sempre il Giappone ha esercitato sull’Occidente, ha avuto il suo apice a fine ‘800 e prende il nome di Giapponismo. Tale termine, coniato dall’artista Philippe Burty nel 1873, indica un vero e proprio movimento culturale e artistico, e l’influenza che l’arte giapponese ha avuto sull’Occidente, specialmente quell’attrazione e interesse dei pittori francesi verso l’arte nipponica, che si sviluppò fra la metà  del XIX secolo ed il 1900.

Introduzione al giapponismo

Già alla fine del periodo Edo, lo Shogunato Tokugawa, nonostante la chiusura dei confini del Giappone, aveva permesso che molti dei prodotti dell’artigianato giapponese potessero essere esportati all’estero. Si trattava di lacche, prodotti metallici di fusione, guardie delle spade, porcellane e tessuti che, non di rado, venivano avvolti nelle stampe ukiyo-e. Esse erano il fenomeno artistico più vitale del periodo Edo e non solo giungevano sul mercato occidentale, ma venivano esposte alle varie esposizioni nazionali. Qui furono scoperte da importanti pittori come Manet, Degas, Van Gogh e Gauguin. Essi non solo ne diverranno collezionisti, ma stanchi del rigido e codificato linguaggio  accademico delle auliche tradizioni della cultura figurativa occidentale, vedranno nelle stampe ukiyo-e un modello da cui trarre ispirazione nella ricerca di possibili nuove espressioni artistiche.

Vincent Van Gogh, Susino in fiore. 1887; olio su tela, 55,6 x 46,8 cm; Amsterdam, Van Goh Museum

Tali stampe erano qualcosa di completamente nuove agli occhi degli artisti occidentali, i quali erano affascinati dal modo completamente rivoluzionario di comporre le raffigurazioni, in cui erano presenti ricerche spaziali mai viste, in cui la realtà veniva quasi evocata attraverso un uso della linea e del colore, più veloci e sintetici, ma che nonostante l’assenza dell’uso della costruzione prospettica e dei valori chiaroscurali, erano comunque carichi di dinamismo. Esse insieme agli altri manufatti dell’arte e dell’artigianato giapponese diedero il via ad un mercato così ampio di richieste da parte dei mercati europei, che il Giappone da allora sarà conosciuto come Il Giappone delle arti e da questa sua fama nascerà l’influenza che avrà sulle arti applicate all’industria del Modernismo e sulle correnti artistiche ad esse collegate quali Sezzesion a Vienna e l’Art Nouveau.

Ma per comprendere meglio tale fenomeno e le origini delle Ukiyo-e, è necessario tracciare i percorsi storici riguardanti i particolarissimi rapporti che il Giappone manteneva a quei tempi con il mondo occidentale. Nel XIX sec. gli scambi intercontinentali fra Giappone ed Europa erano rari. Per oltre due secoli, durante l’epoca Edo, il Giappone si era ermeticamente isolato dal mondo. 

Dal 1640, lo Shogunato dei Tokugawa che deteneva il potere, preoccupato dalla minaccia di espansionismo portata avanti da Spagna e Portogallo e celata dietro la diffusione del cristianesimo, per mantenere la stabilità del paese, decise di ripiegare il paese in sé stesso. Venne proibito uscire dal Paese ed il commercio con l’estero fu permesso in pochissimi porti. Non avendo rapporti con l’esterno e con le culture straniere, il Paese assume con lo Shogunato un assetto politico, economico, sociale e giuridico di una società gerarchizzata cui a capo vi erano i samurai, seguiti dai contadini e all’ultimo posto gli artigiani ed i Chonin (cittadini) che, peró, erano detentori del potere economico che aveva  il suo centro ad Edo (Tokyo). 

Quando i Paesi europei iniziarono a conquistare i mari orientali, numerose furono le navi che iniziarono a navigare intorno al Giappone, ciò generò preoccupazione nello Shogunato che aumentò la vigilanza intorno alle proprie rotte, instaurando un clima di tensione in cui si rifiutava ogni dialogo con i Paesi stranieri.Questo accadde finché nel 1853 il Commodoro Perry fece recapitare una lettera in cui il Presidente degli USA richiedeva al Giappone di aprirsi alle relazioni diplomatiche. La lettera aveva toni cortesi, ma non nascondeva un intento intimidatorio costituito da una delegazione di quattro navi, dotate di cannoni da guerra, pronte ad intervenire come forza militare, qualora ciò fosse stato necessario. Il Giappone, allora, davanti all’incapacità dello Shgunato di prendere le redini della situazione e di fronte ad un opposizione al governo centrale sempre più forte, si trovò in crisi. A ribaltare le sorti sarà la figura dell’Imperatore che, unendo le proprie forze con quelle di alcune famiglie di signori feudali, riacquisterà la sua importanza di primo piano. Il Giappone si trova cosí di fronte ad una vera e propria guerra civile finché nel 1867 lo shogun Yoshinobu lascia il potere nelle mani dell’Imperatore. 

Nel 1868 finirà il periodo Edo ed avrà inizio la Restaurazione Meiji. Il governo di questa sarà illuminato e convertirà il sistema economico, politico, giuridico e sociale del paese in quello di uno stato moderno. Il Giappone, resosi conto della sua arretratezza, aprì le proprie frontiere all’Occidente, facendone un modello da cui trarre spunto per la propria modernizzazione, soprattutto culturale. Funzionari Giapponesi furono inviati negli Stati Uniti ed in Europa per conoscerne e studiarne l’arte, la cultura e le istituzioni, mentre, contemporaneamente l’Imperatore diede vita  ad un sistema di cooperazione con i paesi occidentali che consisteva nell’invitare in Giappone occidentali competenti e professionisti nei vari ambiti del sapere. 

Ukiyo-e: immagini del mondo fluttuante

Così l’arte giapponese giunge in Europa, ma la nascita delle famose Ukiyo-e ha origine tanto tempo prima: nel XVII secolo, durante lo shogunato Togukawa, la cui economia mercantile, basata su un autarchia che prevedeva la chiusura dei confini con l’Occidente, determinò l’affermarsi del ruolo delle città e del ceto sociale borghese.

Pannello da una serie di 12, in stile abuna-e,Fine 1670-inizio 1680; Hishikawa Moronobu (1618-1694); Xilografia, inchiostro sumi su carta
Pannello da una serie di 12, in stile abuna-e,Fine 1670-inizio 1680; Hishikawa Moronobu (1618-1694); Xilografia, inchiostro sumi su carta
Due donne sulla veranda, di Suzuki Harunobu. Collezione Sammlung H. C. Bechtler, Zurigo
Due donne sulla veranda, di Suzuki Harunobu. Collezione Sammlung H. C. Bechtler, Zurigo
Toshusai Sharaku, l'attore Ichikawa Omezo nel ruolo di Ippei, 1794, British Museum, Londra
Toshusai Sharaku, l’attore Ichikawa Omezo nel ruolo di Ippei, 1794, British Museum, Londra
KitagawaUtamaro,Fiori di Edo La storia cantata di una giovane donna al Shamisen, 1800 circa
KitagawaUtamaro,Fiori di Edo La storia cantata di una giovane donna al Shamisen, 1800 circa
Utagawa Hiroshige,Kanbara, neve di sera. della serie 53, stazioni di Tokaido,( 1832-1834),Art  Institute of Chicago, Chicago
Utagawa Hiroshige,Kanbara, neve di sera. della serie 53, stazioni di Tokaido,( 1832-1834),Art Institute of Chicago, Chicago
Utagawa Hiroshige, Il giardino di Kameido (1857; inchiostro e colori su carta, 36 x 24 cm; varie collocazioni)
Utagawa Hiroshige, Il giardino di Kameido (1857; inchiostro e colori su carta, 36 x 24 cm; varie collocazioni)
Vincent Van Gogh, Susino in fiore. 1887; olio su tela, 55,6 x 46,8 cm; Amsterdam, Van Goh Museum
Vincent Van Gogh, Susino in fiore. 1887; olio su tela, 55,6 x 46,8 cm; Amsterdam, Van Goh Museum
Katsushika Hokusai, La grande onda di Kanagawa, 1830-1831 circa, xilografia, 25,7 x 37,9 cm. Museo di Hakone, Giappone e molte altre sedi espositive
Katsushika Hokusai, La grande onda di Kanagawa, 1830-1831 circa, xilografia, 25,7 x 37,9 cm. Museo di Hakone, Giappone e molte altre sedi espositive
Katsushika Hokusai, Manga, 1814, collezione-privata
Katsushika Hokusai, Manga, 1814, collezione-privata
Katsushika Hokusai, Il Fuji da Gotenyama presso Shinagawa sul Tōkaidō dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji. 1830-32 ca. Kawasaki Isago no Sato Museum
Katsushika Hokusai, Il Fuji da Gotenyama presso Shinagawa sul Tōkaidō dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji. 1830-32 ca. Kawasaki Isago no Sato Museum

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Le ukiyo-e, immagini del mondo fluttuante, fiorirono nel periodo Edo (1603-1868). Il termine di immagini fluttuanti deriva loro sia come riferimento all’impetuosa cultura che li ha prodotti, ma, principalmente allo stile di pittura che li contraddistingueva. Il loro prezzo contenuto, faceva si che essi circolassero anche fra la popolazione giapponese meno abbiente, in quanto, il fatto che fossero economici, li rendeva un’alternativa ai dipinti più costosi. 

Probabilmente ispirati a modelli cinesi, lo scopo di tale pittura è allontanarsi dai linguaggi pittorici della cultura figurativa cinese e avvicinarsi al piacere dei sensi, alle cose del mondo per vivere pienamente la vita poiché essa è effimera e fuggevole. Esse costituivano una riflessione etica ed estetica sulla brevità e transitorietà della vita, riflesso dei valori del ceto borghese delle grandi città del tempo. I borghesi (medici, mercanti, artigiani e artisti), seppur economicamente agiati, erano esclusi dalla vita politica che era in mano all’austera classe dei samurai. Essi alla rigida morale conservatrice dei samurai, opponevano una concezione edonistica fatta di lusso, feste, spettacoli teatrali e case di piacere. 

Inizialmente, erano dipinti su rotoli di carta ed erano in bianco e nero: Hishikawa Morunobu (ultimo quarto del XVII secolo) fu il primo artista che si dedicò alla stampa. Le sue pubblicazioni riguardano principalmente lo Yoshiwara (il quartiere dei piaceri di Edo) e si sviluppano con il solo ausilio  del colore nero su fondo bianco della carta.  All’inizio del XII secolo la scuola di pittura Kano stilò un insieme di regole sull’estetica dell’arte delle stampe. Nella prima metà del XIX secolo, grazie a Suzuki Harunobu, le opere diventarono completamente policrome e, per le più lussuose, si giunse all’utilizzo dai quindici ai diciassette colori. Suzuki Harunobu(1725-1770) mise in commercio le nishiki-e immagini a broccato. Ambientate in scene, spesso, tratte dall’antica tradizione letteraria, nelle sue stampe realizza un modo in cui i protagonisti hanno i corpi slanciati, i tratti del viso quasi adolescenziali e movenze eteree. Autore anche di molte shunga, mantenne sempre, grazie al suo grande talento, l’eleganza che contraddistinse la sua arte. La tecnica della stampa, faceva si che dalla stessa matrice, fossero prodotti numerosi esemplari di un’opera. L’arte era ora replicabile e accessibile a tutti, ma il procedimento di stampa era complesso e richiedeva diverse figure professionali. Primo era l’artista che, su commissione di un editore che finanziava l’opera, realizzava il disegno a china e stabiliva i colori. Il disegno veniva così sottoposto a censura (sia  di soggetti che  di colori. Es. nel 1842, dopo che un disegno richiese settantadue sfumature di colore, si stabilì un numero minimo di otto gradazioni consentite), e vi si apponeva un sigillo rotondo. Il disegno passava , dunque, all’incisore (horoshi) che realizzava abilmente tutte le matrici. I pigmenti usati erano tutti di derivazione vegetale e naturale. La sovrapposizione dei colori avveniva attraverso l’incisione di altrettante matrici in legno. Spesso si ottenevano esiti simili alla pittura grazie ai bokashi sfumature cromatiche con effetto di tridimensionalità o si otteneva un sofisticato effetto decorativo con l’uso di polvere di mica per gli sfondi(kira-e). Insieme alla firma dell’autore, in alcuni casi, potevano comparire anche quelle di incisore e stampatore insieme ai cartigli e con i titoli della serie dia appartenenza e della stampa. Essi comparivano in alto a destra ed era una piccola opera d’arte realizzata con i colori delle stampe. Le ambientazioni delle scene erano lussuose dimore, case da tè, bagni pubblici, barche, campi, stanze da letto o luoghi all’aperto. 

I generi delle ukiyo-e erano legati ai soggetti che rappresentavano: i ritratti di belle donne (bijinga), gli attori kabuki (yakusha-e), le scene erotiche (shunga), fiori e uccelli (kachoga), soggetti fantastici (kaidan), paesaggi (fukeiga) e vedute famose (meisho-e). 

Il periodo fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX sec fu il più esaltante. I mezzi busti degli attori kabuki di Toshusai Shakaru sono capolavori di fisiognomica. Raffinatissima sintesi fra il tratto calligrafico della linea ed il colore su sfondo di mica baluginante. Nel 1840, però, i ritratti di cortigiane e attori Tabuki divennero illegali e si ripiegò su scene storiche e mitologiche. 

Ma era nato un rinnovato interesse per la figura umana con lo studio di fisionomie e caratteri come emerge in Utamaro Kitgawa (1753-1806) che esalta la figura umana. Le sue donne dalle esili figure sono paradigma della bellezza femminile di ogni tempo e luogo, nonostante siano spesso cortigiane dello Yoshiwara. Fu solo con Hokusai e Hiroshige che la figura umana viene riabbandonata e vi è un nuovo interesse per il paesaggio e la natura che predomina sull’uomo in quanto sacra. Inoltre, il miglioramento delle arterie di comunicazione e l’impossibilità di lasciare il Giappone, stimolarono il turismo interno. I viaggiatori, amavano acquistare stampe dei luoghi che avevano visitato o volevano visitare. Il principio estetico che porta ad evitare ripetizioni, permette all’arte giapponese il superamento della rappresentazione della figura umana e della filosofia antropocentrica che la caratterizzava. 

L’uomo è già presente, in quanto osservatore, ora viene meno la vanità umana ed in esame non siamo presi più noi, ma la natura. Utagawa Hiroshige (1797-1858) fu colui che più di tutti fece conoscere il Giappone ai suoi compaesani ed agli Occidentali. Le sue opere descrivono il grande amore dei giapponesi per il proprio paese e per la natura. Famose le serie dedicate alle cinquantatre stazioni del Tokaydo (la strada Edo e Kyoto). Ma l’opera più famosa è la raccolta con le Cento vedute celebri di Edo del 1857. Gli arditi scorci prospettici delle  sue composizioni, la vivace colorazione con cui rende la vita della città di Tokyo, lo hanno reso l’artista più celebre in occidente e più amato dai pittori francesi fra cui Van Gogh che spesso l’omaggiò. 

Katsushika Hokusai (1760-1849) autore dell’icona giapponese nel mondo la Grande onda presso la costa di Kanagawa, invece, si dedicò ai paesaggi solo nel quarto decennio dell’800, quando fu al massimo di genialità e talento. Poiché il suo intento era quello di far si che ogni linea o punto che avesse tracciato si animasse di vita propria, la sua produzione è varia e non c’è soggetto che non abbia trattato (ritratti femminili, di attori, episodi di mitologia, illustrazioni di letteratura classica, animali, fiori, shunga, temi del Buddhismo), sperimentando l’uso di tantissime tecniche, a volte, anche europee. Insieme ai paesaggi, le sue opere più importanti sono, però, i manuali didattici. In particolare, celebri sono i volumi dei Manga, compendio di umanità e natura che folgorò i pittori francesi di fine ‘800 e generò il Giapponismo e l’amore e moda, che vive ancora adesso in europei e americani per tutto ciò che è giapponese.

Fonti consultate

L’ukiyo-e: storia, tecnica e generi, arteingiapponealtervista.org;

L. Paderni, Il Giappone del museo Etnografico Pigorini, in «Italia- Giappone Oggi», anno XVIII, n. 6, settembre 2006;

V. Crisafulli-L. Paderni- M. Riotto (a cura di), Kiyohara Tama. La Collezione dipinta, Sellerio, Palermo 2009.

Utamaro, Il canto delle voluttà, Es editore, 2008; 

Franco Morena, Arte Giapponese, collana artedossier, Giunti editore, 2017;

Alberto Grasso, Shunga: sesso e piacere nell’arte giapponese, e-coolture.it;

Silvia Ferrari, L’eros nell’arte giapponese: le ardite immagini degli shunga, frammentirivista.it. 

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