Roaring Twenties, ovvero i ruggenti anni ’20

Se esiste un’epoca del XX secolo che più di tutte è stata capace di affascinare e far sognare ogni generazione, sicuramente è quella degli anni ‘20. Chi,  leggendo Il grande Gatsby – capolavoro di Francis Scott Fitzgerald ed emblema di tale decennio  –  può dire di non aver desiderato di  trovarsi in un club clandestino del tempo, sorseggiando del buon Whiskey di contrabbando, ad ascoltare il ritmo coinvolgente di un’orchestrina  Jazz o a scalmanarsi ballando il charleston?!

Ebbene, non è poi  così difficile immaginarne il perché!

Denominati  Roaring Twenties negli Stati Uniti,  Golden Twenties  nel Regno Unito ed Années folles in Francia, gli anni ’20 sono stati un periodo di  benessere ed euforia generalizzati, generato da un crescente boom economico  capace di infondere speranza al mondo dopo la disperazione del primo conflitto mondiale. 

Per comprendere il fenomeno degli anni ruggenti, infatti, bisogna analizzare il periodo storico in cui essi si svilupparono. La I Guerra Mondiale aveva devastato l’Europa, lasciandola impoverita e togliendole il primato di potenza economica e culturale. Gli Stati Uniti potevano ora ribaltare la situazione ed ad avere un ruolo predominante sul Vecchio Continente. L’economia Statunitense – forte ed in continua crescita – si era infatti presto intrecciata con quella europea.  Wall Street aveva deciso di investire massicciamente per  salvare gli Stati Europei dai debiti di guerra e poteva,  al contempo,  promuovere anche la propria  di economia, immettendo sul mercato europeo i propri beni di consumo di massa.

Negli Usa le politiche economiche liberiste che il Partito Repubblicano patrocinò per tutto il  decennio (la riduzione delle tasse, il ridimensionamento della spesa pubblica, la deregolamentazione e promozione assoluta della libera concorrenza ed un fermo protezionismo), non solo avevano consolidato la sua posizione di paese più ricco del mondo, ma avevano anche dato avvio ad nuovo modo di intendere l’industria. Basata sui metodi tayloristici di divisone del lavoro, essa  era ormai incentrata sulla produzione di massa, assoggettando la popolazione al quella che era la nuova cultura del consumismo. Una nuova idea di modernità, in cui non solo si diffondevano nuove tecnologie, ma in cui  la tendenza al consumo non si limitava più a quelle che erano le necessità più immediate. Della politica liberista dei governi repubblicani  aveva infatti beneficiato gran parte della popolazione che, avendo  aumentato i propri redditi, era ora desiderosa di spendere i propri guadagni in divertimenti ed eccessi, con un conseguente cambio nei costumi e nello stile di vita. Così l’ elettricità ed il telefono si diffusero in tutta la nazione, nelle case giunsero i primi elettrodomestici, nacque la televisione, le automobili divennero alla portata di tutti e le invenzioni della radio, del grammofono e del  fonografo avvicinarono la popolazione alla musica e alla danza.

Dagli Stati Uniti si propagarono, inoltre,  l’dea di metropoli e di civiltà della contemporaneità. Le città da cittadine fino a un secolo prima dimesse e sperdute diventavano ora agglomerati urbani, dotati di grandi strade, di grattacieli, di nuove sale cinematografiche, di teatri sfarzosi ed enormi stadi di baseball.

A spadroneggiare nelle grandi città era la finanza con Wall Street fulcro del boom economico statunitense e dove tutti i cittadini potevano compiere le loro speculazioni finanziarie sicuri di ricavarne lauti profitti.  Gli Stati Uniti divennero dunque il paese della classe media per antonomasia, diffondendo in tutto il mondo quell’immagine di sogno americano che attirò a sé milioni di immigrati da tutti i continenti.

Tale epoca, però, non fu solo  caratterizzata da un grande fenomeno di espansione industriale,  ma è stata  irripetibile sotto ogni punto di vista.  Gli anni ’20 sono stati infatti anni capaci di generare mode e tendenze sotto ogni aspetto culturale del tempo, dal cinema, alla moda, alla musica, alla letteratura.

Affermatasi la cultura di massa, essa venne veicolata infatti dalla neonata radio e dal cinema che dagli Stati Uniti facevano giungere le moderne mode anche in Europa.

 Il jazz  uscì fuori dalla comunità nera e si affermò come il genere musicale più in voga grazie  Louis Armstrong  che divenne una celebrità e con  George Gershwin che impazzava nelle radio con la sua Rhapsody in Blue (non a caso gli anni ’20 sono conosciuti anche come  The Jazz Age). E mentre nei locali si ballava il Charleston, il quartiere di Harlem, giocava un ruolo di primo piano nel dettare le nuove mode sul divertimento.

Anche il modo del cinema attuava la sua rivoluzione rivolta al progresso.  Dal cinema muto si passava definitivamente al sonoro con la pellicola The Jazz singer (primo film parlato nella storia) , l’industria cinematografica americana quadruplicava i suoi guadagni e – mentre Walt Disney pubblicava il suo primo cortometraggio con Mickey Mouse –  i media rendevano celebrità i personaggi dello sport e le star di Hollywood.

Per quanto riguarda la letteratura,  mentre in Europa Marcel Proust, Agata Christie,Oscar Wilde e Gabriele D’annunzio, davano un tocco personale alle nuove tendenze, negli  Stati Uniti nasceva la  Lost Generation, nome con cui  Gertrude Stein appellò  un’intera generazione di scrittori e poeti americani (Cole Porter, Ernest HemingwayF. Scott Fitzgerald ed Ezra Pound), che più di tutti seppero narrare le trasformazioni culturali del periodo.

E se in Francia ed in Europa i movimenti  artistici Avanguardisti (Cubismo, Fauves, Dadaismo, Futurismo e Surrealismo ) incoraggiavano il mondo ad aprirsi al futuro ed alla modernità, dal punto di vista architettonico dallo stile Liberty e dall’Art nouveau si passava ai preziosismi dell’Art Déco.

Tale bisogno di progresso, di modernità e di rottura con il passato stimolò anche il conseguimento di grandi scoperte scientifiche.  Due mirabili esempi  furono la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming  nel 1928 e la rinascita dell’egittologia con la scoperta della tomba di Tutankhamon nel 1922.

Ma soprattutto, fu un’epoca importantissima per l’emancipazione femminile.  Le donne, infatti,  avevano avuto un ruolo importantissimo  nell’aiutare le nazioni nel sopportare le difficoltà durante lo sforzo bellico della I guerra mondiale. Per questo – grazie  anche alla lotta femminista per il suffragio femminile – la maggior parte dei paesi indipendenti  come Gran Bretagna, Stati Uniti, Albania ed Irlanda decisero di concedere loro il diritto di voto. Durante la Grande Guerra  inoltre, esse erano entrate massicciamente nel mercato del lavoro e ciò aveva  permesso  loro una  maggiore indipendenza ed  una conseguente  maggiore libertà nei comportamenti  sociali e sul piano sessuale.

Soprattutto negli Stati Uniti l’immagine della donna si andò modificando. Le donne, desiderose di allontanarsi dagli stereotipi convenzionali, diventando ora anticonformiste:  bevevano, fumavano, si truccavano, indossavano gonne corte e pantaloni e tagliavano i capelli con tagli corti.

 In tale clima, non solo si sviluppò l’industria cosmetica con Coco  Chanel che lanciava sul mercato il suo famosissimo Chanel n. 5, ma anche la moda faceva il suo ingresso nell’era moderna. Le donne, ora decise di mostrarsi al mondo,  esibivano con sfrontatezza la propria emancipazione e si affermavano due tipi di donne divenute simbolo di quest’era: la garçonne (la maschietta) e la flapper.

I Roaring  Twenties così  apparentemente disinibiti, trasgressivi, pieni di spensieratezza e divertimento, non furono però così leggeri come possono sembrare. Anzi, furono anni abbastanza complessi, pieni di luci ed ombre e di contraddizioni.

Nonostante la nascita della Società delle Nazioni e di organismi associati di cooperazione internazionale e di prevenzione delle guerre, infatti,  si iniziarono a diffondere in Europa movimenti politici radicali (come l’armata rossa nell’Unione Sovietica, o  il fascismo in Italia), che in seguito saranno fra i fautori del secondo conflitto bellico mondiale.

Ma le peggiori contraddizioni del tempo si manifestarono proprio nella patria delle libertà, gli Stati Uniti. Qui, nonostante i progressi economici e tecnologici, le popolazioni afro-americane, gli immigrati, gli agricoltori e gran parte della classe operaia, non beneficiarono affatto del boom economico, ma anzi subirono la fame e la discriminazione. Il clima politico conservatore e moralistico, infatti, non solo portò  alla lotta alle bevande alcoliche con il Proibizionismo , ma generò uno strano clima di odio e di paura verso lo straniero ed il diverso.  Ciò si palesò principalmente con una netta chiusura nei confronti dell’Europa, incentivata dalla fobia di una possibile diffusione del Comunismo, con le leggi antimmigrazione (Immigration Act, 1924), con il tornarono in auge di movimenti filofascisti e razzisti di difesa della razza pura americana come il Ku klux klan e con  il Sediction act  che limitò di molto la libertà di espressione e di riunione.

Non sorprende allora constatare che, proprio in questi anni, gli Usa commisero grandi ingiustizie che con la libertà non avevano proprio nulla a che fare. Come l’uccisone  degli anarchici italiani Sacco e Vanzetti  ingiustamente condannati alla sedia elettrica, ma anche il processo nei confronti del docente John Scopes reo di aver provato ad insegnare le teorie evoluzionistiche di Darwin.

Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

Tutte queste contraddizioni esplosero infine nel 1929, con la Grande Depressione, generata dal crollo di Wall Street e che sancì la fine di un’epoca. ll sogno e la spensieratezza dei ruggenti anni ’20 svanivano mostrandosi come mere illusioni e dimostrando al mondo che, seppur pieni di novità e ricchi di stimoli, anche gli anni migliori e più promettenti non solo nascondono dei lati oscuri, ma sono sempre destinati a finire.

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