L’invisibilità del diverso

Le uniche volte in cui sentiamo parlare di rom (e sempre e solo di rom, quasi mai degli altri nomi con cui è possibile parlare di questa popolazione) non solo è soltanto in senso dispregiativo, ma anche per parlare di aspetti negativi. Si collega la loro presenza ad un aumento della criminalità organizzata, si crede che, proprio a causa del nome, provengano dalla Romania e che, in qualche modo, sia responsabilità del loro ingresso nell’Unione Europea se si sono diffusi in tutta Europa.

I pregiudizi su di loro, alimentati dal contesto in cui viviamo e dall’odio razzista delle destre europee, sono nella maggior parte dei casi infondati e dettati dalla profonda ignoranza che c’è sulle loro origini e sul loro trascorso da un punto di vista storico.

I rom, o sinti, chiamati anche in maniera dispregiativa zingari, sono una delle minoranze più popolose presenti sul territorio dell’Unione Europea. Il loro nome, in lingua romanes, significa uomo, essere umano; il termine sinti invece indicherebbe con molta probabilità il nome di una regione del Pakistan, da cui si ritiene si siano poi diffusi verso l’Europa. L’eterogeneità della popolazione stessa tuttoggi impedisce di attribuir loro un’etnia ben precisa, come si è tentato a lungo di fare, e pertanto di assimilarli ad un’unica categoria: esistono, per esempio, delle tribù per loro natura nomadi (come i Travellers, i rom irlandesi, e i Khorakhané, presenti nelle zone settentrionali dell’Italia), e altre invece maggiormente sedentarie (come i Kalderasha, stanziati in Italia centro meridionale).

Nonostante provengano appunto da zone molto diverse tra loro, i rom divennero stanziali nei Balcani già intorno al 1300; anche per questo motivo si ritiene erroneamente che siano originari di tali zone. Ad ogni modo, fu poi da lì che nel corso dei secoli si spostarono in tutta Europa e che iniziarono ad essere sottoposti a persecuzioni. Essendo infatti inizialmente principalmente dediti alla chiromanzia, si riteneva fossero legati a Satana; ciò li condusse ad essere perseguitati già a partire dal XVI secolo. Anche per tale ragione la popolazione sinti d’Europa intensificò gli spostamenti, che raggiunsero un picco dopo la Prima guerra mondiale, in particolare a causa dello sfaldamento dell’Impero austro-ungarico, nel quale la maggior parte di loro si era stanziata.

Uno spartiacque è poi senza dubbio rappresentato dalla Seconda guerra mondiale, durante la quale i sinti, al pari degli ebrei, furono vittima di indicibili persecuzioni e vennero eliminati nei campi di sterminio; quel periodo viene ancora oggi dai rom ricordato con la parola Porajmos, che significa distruzione. Al termine del conflitto, in seguito al quale si stima sia morto circa un milione di persone sinti, gli spostamenti ripresero senza sosta, in particolare verso l’Europa occidentale; un altro esodo rilevante, infine, si ebbe in seguito alla caduta dei regimi comunisti dei Paesi dell’Europa dell’est nel 1989, sempre indirizzato verso occidente.

Il loro caso è peculiare rispetto a quello di molti altri stranieri. Non sarebbe errato ritenere infatti la loro come la rappresentazione più vivida dell’alterità percepita da parte dei locali, se così la si può definire; questo è dovuto molto probabilmente alla estrema peculiarità (o di quella che si ritiene sia una peculiarità) delle abitudini di questo popolo atipico. L’immagine che si prospetta di fronte allo sguardo è infatti quella di persone di pelle più scura, con una scarsa propensione all’igiene, che vivono in campi nomadi di espedienti; li si associa alla criminalità organizzata, anche a causa del successo che nel nostro Paese ha riscosso la serie Suburra, che narra, tra l’altro, anche della storia di una famiglia di malavitosi sinti attivi nel sottobosco della criminalità organizzata della Capitale.

Allo stato attuale non sono peraltro in vigore delle norme nel nostro Paese a tutela della popolazione rom in quanto minoranza etnica e linguistica, anche perché questo presupporrebbe un criterio di radicamento sul territorio italiano che, in quanto tale, non viene riconosciuto ai sinti. Di conseguenza, anche il problema dell’emergenza abitativa che i rom vivono ormai da sempre passa in sordina e neanche a livello locale si è stato in grado di agire ai fini della risoluzione di questa questione.

Tutto ciò non può tuttavia non essere considerato come una via di fuga per attribuire a loro stessi la responsabilità della mancata integrazione all’interno della società. La responsabilità non può non essere dei decisori politici, che devono prendere in mano le redini e attuare provvedimenti a tutela dei diritti delle popolazioni sinti in tutta Europa, come è stato evidenziato anche dall’OSCE.

Una speranza a volte però arriva da dove meno ce lo si aspetta. Proprio questo è il caso di una delle serie tv che ha avuto più successo in Italia, Mare fuori, in cui una dei protagonisti, Naditza, interpretata dall’attrice Valentina Romani, è una rom che, a causa di una famiglia oppressiva che vuole a tutti i costi farla sposare come da tradizione con un uomo scelto dal padre, è portata a delinquere e preferisce stare in carcere piuttosto che tornare a casa. Nonostante gli altri la chiamino zingara di merda, riuscirà invece a far emergere le sue doti nel campo della musica e a dimostrare come in realtà i pregiudizi siano più che futili e infondati.

Tutti insieme, dunque, in questa settimana su zirmazine impariamo a mettere da parte i pregiudizi su di loro e a guardare l’altro nella sua interezza da una prospettiva diversa, più inclusiva e accogliente.

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