Lilibet, ritratto in musica: cosa ascoltava Sua Maestà?

Siamo nel 1993, ed è questo l’anno in cui l’italiano medio mezzo uomo e mezzo caprone ha preso una nuova confidenza con la monarchia inglese, forse nella maniera più deprimente possibile: il Bagaglino – con Pierfrancesco Pingitore come autore – porta in scena Saluti e Baci, spettacolo circense trasmesso su Rai1 con la scimmiottatura della Royal Family alternata a quella dell’allora classe politica italiana. Alcuni anni più tardi – tra qualche scandaluccio qua e là – arriva su Netflix la serie televisiva The Crown che ha conquistato una grande fetta di pubblico, nonostante i vari romantici escamotage che romanzano splendidamente il tutto.

Nell’immaginario comune moderno la sua figura è ormai entrata a gamba tesa come la donna dei corgi (nella mia, perlomeno), quella dagli abiti che sembravano esplosi dal campionario Pantone, la regina dai tratti di una nonna avara di sorrisi e da quell’imperturbabile stoicismo che faceva a cazzotti con le nuances che le si alternavano addosso.
Però io, che sono ossessionata dalla giovinezza, voglio cristallizzare Elizabeth nell’apparizione fotografica di un famosissimo maestro del XX secolo, Yousuf Karsh, uno dei pochi che fuori dalla sfera familiare è stato capace di rubarle quell’accenno di sorriso tipico di chi ancora non sospetta dell’evoluzione che avrebbe avuto un certo Charles né tantomeno della fatidica tresca con una certa Camilla, cosa che avrebbe provveduto a gettare un altro po’ di fango sul buon nome della Corona britannica.

Principessa Elizabeth – ph. Yousuf Karsh, 1951

Adesso, tralasciando tutti e quanti i ventimila anni di esistenza di Sua Maestà sul nostro Pianeta (che vi sento già urlare pietà e non vi biasimo), vi ho convocati qui per parlare del rapporto che ebbe con la musica, e giuro che non m’immischierò in alcuna bagarre di natura politica.

O cari, si può dire che Elizabeth nella musica ci abbia sguazzato sin dalle primissime fasi della sua vita: a soli quattro anni, il compositore Edward Elgarletteralmente, uno dei più vantati musicisti britannici di repertorio classico – dedicò a lei, all’appena nata sorella Margaret e a loro madre Elizabeth Bowes-Lyon (all’epoca, duchessa di York) una delle sue ultime composizioni, la Nursery Suite.

Le principesse Elisabetta e Margaret sedute insieme al pianoforte al Castello di Windsor, 1940/Immagine: Getty

Se oggi, complici i social, vediamo paparazzati principini, baronetti e tutta la restante giovane fauna regale accalcarsi all’entrata del primo giorno di scuola (chiaramente rinomata), ai tempi in cui la principessa Elizabeth era poco più che una bambina, era consuetudine che l’educazione venisse fornita all’interno delle mura domestiche; per ogni disciplina, era previsto che venissero convocati diversi istitutori. [In effetti, questa tradizione dell’istruzione casalinga della Royal Family si è conclusa proprio con lei.] A prendersi carico dell’insegnamento della musica alle due principessine, tra un madrigale e l’altro, fu Sir William Henry Harris – chiamato da loro, affettuosamente, Doc H – eccellente organista e compositore inglese. A dimostrarsi più portata per il canto ed il pianoforte, però, era la sorella. Elizabeth prediligeva la letteratura, vita all’aria aperta, cani, cavalli e foulard annodati poco regalmente attorno alla testa così per come abbiamo appurato in The Crown.
Tra l’altro, la famiglia reale è in possesso di un pezzo di storia di una bellezza sconfinata che comparì alle spalle di Sua Maestà quando, nel Natale del 2018, fece il suo consueto discorso alla nazione: un pianoforte a coda completamente d’oro che l’azienda francese Erard realizzò nel 1856 e donò alla regina Victoria, che si diceva amasse suonarlo con a fianco l’adorato marito Albert. Stiamo parlando di un capolavoro dal valore inestimabile e, giusto per rendere l’idea, gli strumenti Erard erano molto apprezzati tant’è che vennero suonati – o, per meglio dire, animati – dalle mani di Chopin, Liszt, Mendelssohn e Wagner.

Giorgio VI osserva la regina Elisabetta (madre) intenta a suonare il pianoforte Erard. 
Immagine: Getty

Ai microfoni della BBC Radio, nel contesto del documentario Our Queen: 90 Musical Years andato in onda nel 2016, la cugina Lady Elizabeth Anson (e già, si chiamano tutte quante allo stesso modo…) ha dichiarato che, nonostante fosse Margaret a rallegrare i momenti di convivialità, la regina rimanesse comunque grande appassionata di musica: prediligeva gli inni ma ancor più le melodie ballabili e, a suo dire, era una ballerina fantastica con un eccellente senso del ritmo.

Entrando più nell’intimo, quali erano i suoi pezzi preferiti? A quanto pare, una sua grande passione parevano essere i musical e tutti quegli standard spuntati fuori grazie all’avvento di Broadway che rivoluzionò il mondo della musica dell’epoca.
E adorava Showboat, Oklahoma! e Annie Get Your Gun.

Sempre grazie alla stessa Anson ci è dato sapere che non fosse molto avvezza al repertorio operistico:

L’altro giorno mi ha detto che quando furono portate a vedere L’Anello [del Nibelungo] di Wagner – penso che la principessa Margaret avesse circa 11 anni e lei 13 – invece di esserne solo terribilmente annoiate, trovarono istericamente divertente che qualcuno stesse cantando una frase invece di affrettarsi a dirla.

Al di là di questo scoglio, era anche appassionata di musica classica tanto da diventarne generosa protettrice, impegnandosi a promuovere i talenti britannici e ricevendo – il 10 luglio 1946 – una laurea honoris causa in musica dalla London University.

La principessa Elizabeth durante la cerimonia del Bachelor of Music Degree presso la London University

Un aspetto molto lodevole è che fu promotrice di svariate raccolte fondi e diede il suo contributo sostenendo istituzioni musicali, sale da concerto ed eventi anche più di nicchia come la Piobaireachd Society che incoraggiava lo studio e l’esecuzione della musica classica alla cornamusa. A tal proposito Margaret Rhodes, altra cugina di Sua Maestà, ci elargisce una curiosità: quando la famiglia reale andava a soggiornare presso il castello di Balmoral – la loro tenuta scozzese – il risveglio era abbastanza singolare… una cornamusa suonava ogni mattina alle 9 in punto per circa un quarto d’ora, ed il suonatore tornava per un ulteriore stacchetto musicale alla fine della cena, facendo un paio di giri attorno al tavolo per poi uscire di scena e facendo disperdere il suono tra i corridoi.

And that’s nice because you can hear the pipes slowly fading in the distance.
Ed è bello perché puoi sentire la cornamusa che svanisce lentamente, in lontananza.

Prima di urlare ‘Stramberie da reali! ‘, pensate a quanto sarebbe bello svegliarsi con quindici minuti di cornamusa ogni mattina mentre stai cercando a procacciarti una buona tazza di caffè in un posto in cui il caffè non lo sanno fare.

Un altro importante contributo fu quando la regina recuperò fondi atti a sostenere e mantenere le tradizionali bande ed orchestre dei reggimenti affinché non si perdesse la tradizione. L’esercito britannico – Her/His Majesty’s Armed Forces – ha diverse bande e orchestre, all’interno delle sue suddivisioni, che davano lavoro a centinaia di musicisti (dai direttori d’orchestra ai compositori, fino ad arrivare ai singoli componenti degli organici) e che, senza il supporto della regina, rischiavano di chiudere i battenti. Sostenne inoltre la London Symphony Orchestra, ma per la verità erano almeno 600 le organizzazioni di cui era protettrice.

Dal 2005 venne anche istituita la Queen’s Medal for Music, una medaglia di riconoscimento che fu stabilito dovesse essere assegnata nel giorno dedicato a santa Cecilia, protettrice della musica, e che andava ad ornare e onorare il bavero di qualche eccelso musicista o gruppo di musicisti che hanno avuto grande influenza all’interno della nazione.

I Fab Four dopo aver ricevuto l’MBE – 26 ottobre 1965

Assegnò anche un gran numero di riconoscimenti a musicisti del jet set pop e rock. Quattro delle nomine più famose furono quelle dei Beatles, a cui spettò l’MBE (sono le stesse medaglie appuntate sulle giubbe che indossano nella copertina di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band) che li rese Baronetti in quanto avevano dato forma e sostanza all’identità culturale britannica.
Erano ancora giovanissimi e all’apice della loro carriera, per loro stesso dire non presero la cosa con la dovuta serietà e s’intersecarono in maniera scanzonata allo sfarzo di Buckingham Palace: era il 26 ottobre 1965 quando nacque la leggenda che vedeva i Fab Four a fumare uno spinello in, uno dei bagni reali per smorzare la tensione d’incontrare Her Majesty. Una notizia che Lennon diffuse tra qualche risolino, ma che anni dopo fu smentita da Harrison che affermò si trattasse semplicemente di una sigaretta.
John, a quella patacca, non è che ci credesse un granché; la consegnò a zia Mimi che – orgogliosissima, al contrario del nipote – la piazzò in bella mostra sopra al caminetto. Fin quando lo stesso Lennon, in uno dei suoi moti di nausea da Impero britannico corse a riacciuffarla per rispedirla al mittente: l’Inghilterra stava dando sostegno all’Impero nigeriano in una guerra civile che ha visto lo Stato non riconosciuto del Biafra attaccato e portato alla carestia nel giro di pochissimo tempo. Del resto, era anche il periodo del Bed-in For Peace, protesta non violenta di due settimane in cui John e Yoko si batterono contro la guerra del Vietnam accomodati nei letti di due hotel – l’Hilton di Amsterdam prima ed il Queen Elizabeth di Montreal – attorniati da stampa e altri attivisti.
La letterina d’accompagnamento all’MBE è la seguente, e mostra Lennon in tutta la sua genuina purezza:

Your Majesty,
I am returning my MBE as a protest against Britain’s involvement in the Nigeria-Biafra thing, against our support of America in Vietnam and against ‘Cold Turkey’ slipping down the charts.

With love, John Lennon of Bag

John Lennon of Bag. JOHN LENNON OF BAG! In buona sostanza, ha fatto la supercazzola alla regina.

David Bowie, Brian Eno e Paul Weller (leader prima dei Jam e dopo dei Style Council, per poi intraprendere la carriera solistica) rifiutarono il CBE, una ennesima sterile decorazione. E Bowie, a dirla proprio tutta, rifiutò anche il cavalierato affermando in seguito che non gliene fottesse pressoché nulla di quelle onorificenze inutili e che tutto il suo lavoro non era mica finalizzato a questo. Ed io, francamente, non me la sento di dargli torto.
Di tutte ‘ste sigle che rimandano ad un certo pleonasmo non ci avete comprensibilmente capito un tubo, cliccate qui e buon divertimento.

Se però siete arrivati fino a questo punto vi meritate un premio, ma niente medaglie-cianfrusaglie. Vi sento, vi percepisco, so che avete la curiosità da gossip spicciolo che vi scorre su per le vene e perciò, per concludere in bellezza, vi beccate la TOP 10 dei pezzi preferiti da Sua Maestà trapelati dalla boccuccia indiscreta di Lady Elizabeth Anson durante l’intervista radiofonica:

  1. Oklahoma! – Howard Keel
  2. Anything You Can Do (Annie Get Your Gun) – Dolores Gray and Bill Johnson
  3. Sing – Gary Barlow and the Commonwealth Band featuring the Military Wives
  4. Cheek to Cheek – Fred Astaire
  5. The White Cliffs Of Dover – Vera Lynn
  6. Leaning on a Lamp-post – George Formby
  7. Praise, My Soul, The King Of Heaven (hymn)
  8. The Lord is My Shepherd (hymn)
  9. Lester Lanin Medley
  10. Regimental March Milanollo

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