La corsa allo spazio dagli anni 50 ad oggi: attori, obiettivi e prospettive future

Verso l’infinito e oltre”: questo è il motto di uno dei protagonisti di uno dei più celebri cartoni animati degli anni ‘90. Lo slogan deve avere sicuramente un legame con la storia delle superpotenze mondiali e con il loro spasmodico tentativo, dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi, di conquistare lo spazio cosmico.

Come si è evoluta la corsa allo spazio dall’inizio della guerra fredda ad oggi? Quali sono le sue prospettive future?

Lo spazio come terreno di scontro tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda

Se già dagli inizi del Novecento le opere di scrittori visionari avevano destato curiosità nella società, in particolare negli Stati Uniti, fu solo dopo la Seconda guerra mondiale che semplici ipotesi iniziarono ad assumere una certa concretezza e a diventare un vero e proprio terreno di scontro per le due superpotenze mondiali, ovvero gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica

Terrorizzati, nella pratica, dalla possibilità di un terzo conflitto di portata globale, considerando anche la portata delle innovazioni in campo tecnologico utilizzabili in ambito militare (prima fra tutte, la bomba atomica), i due Paesi portarono infatti la competizione su un altro campo, quello scientifico, con particolare riferimento allo spazio. Il primo satellite artificiale intercontinentale lanciato nello spazio fu il celeberrimo Sputnik nel 1957, di chiara provenienza sovietica. Da allora, la gara per raggiungere il primato spaziale si fece estremamente serrata: furono sempre i sovietici a spedire il primo essere vivente in orbita, la cagnolina Laika, qualche mese dopo lo Sputnik, cui seguì l’istituzionalizzazione, da parte degli americani, della conquista dello spazio con la fondazione della NASA (National Aeronautical Space Agency), un’agenzia dedicata alla ricerca e allo sviluppo nel settore dell’aeronautica, con particolare riferimento allo spazio.

Furono gli americani, tuttavia, a raggiungere l’obiettivo più ambito: il primo sbarco sulla Luna. Il 21 luglio del 1969, infatti, l’astronauta statunitense Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sul suolo lunare per una breve passeggiata che tenne tutto il mondo incollato agli schermi televisivi. 

Il primo allunaggio diede il via all’implementazione di programmi spaziali in altri Paesi, i quali si affrettarono a rincorrere le due superpotenze per non rimanere indietro ed avere ciascuno un ruolo in quella che stava diventando un’industria potente al pari di quella bellica, se non di più. Nessuno di loro, naturalmente, aveva gli strumenti adatti per competere con gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica in questo ambito; tuttavia, l’instaurazione di una cooperazione più stretta tra Paesi avrebbe portato a forme di collaborazione necessaria per l’ulteriore sviluppo dell’industria spaziale e per proseguire con le scoperte scientifiche nel settore.

Lo stato dell’arte del progresso tecnologico nello spazio e le prospettive future: verso una privatizzazione dello spazio?

Il nuovo secolo ha portato con sé radicali cambiamenti nella società globalmente intesa, che hanno avuto inevitabili ripercussioni anche sull’evoluzione dell’approccio allo spazio. 

Nuovi attori hanno fatto la loro apparizione ponendosi come potenziali competitors, tra cui un ruolo di spicco è naturalmente ricoperto dalla Cina, la quale dal 1998 ad oggi ha già operato 22 lanci orbitali, immediatamente dietro gli Stati Uniti, la Russia e l’Unione Europea intesa nel suo complesso. Considerando come il Paese guidato da Xi Jinping si è posto sullo scenario internazionale, lo scopo complessivo del programma spaziale cinese non può che preoccupare i governi occidentali, tenendo conto anche del fatto che i cinesi sono soliti diffondere informazioni in merito al lancio di vettori nello spazio con estremo ritardo e solo in maniera parziale.

Non solo gli Stati sono oggi protagonisti dello spazio: anche il settore privato si è impegnato in quello che ormai è diventato un vero e proprio business, tra l’altro potenzialmente anche parecchio redditizio (nel 2020 il valore dell’economia spaziale è stato stimato in 447 miliardi di dollari, in crescita del 70% rispetto al 2010). Il problema principale legato a questo aspetto è costituito, infatti, dagli elevatissimi costi da sostenere per il successo dei programmi spaziali, che ostacolano i governi nell’intraprendere tali iniziative. Per questo motivo, businessmen del calibro del miliardario Elon Musk, fondatore dell’agenzia spaziale SpaceX, hanno intrapreso l’attività nel settore, arrivando a cooperare con le principali istituzioni governative attive sul campo e offrendo finanziamenti per consentire il lancio di missioni spaziali con equipaggio, le quali erano state sospese per diverso tempo a causa, appunto, della mancanza di fondi.

L’azienda di Musk è stata la prima ad intraprendere, nel 2008, un viaggio nello spazio con un vettore interamente finanziato da privati. Tuttavia, secondo un rapporto del 2021 pubblicato da Space Tech Analytics esisterebbero oltre 10 mila aziende private di tecnologia spaziale e 5 mila investitori leader nel settore. Molte società hanno come partner diretto la NASA, con la quale collaborano nel settore della ricerca per la realizzazione di nuovi mezzi di esplorazione spaziale e per lo studio di programmi di esplorazione dei pianeti.

Le novità non si fermano qua. Un altro aspetto da non sottovalutare è la possibilità che, nel giro di qui a poco tempo, si possa effettivamente intraprendere del vero e proprio turismo spaziale. Negli ultimi anni diversi facoltosi imprenditori, tra cui si ricordano in particolare Richard Branson e Jeff Bezos (il fondatore di Amazon), hanno effettuato dei viaggi nello spazio, portando con sé pochissimi eletti e dando il via ad un settore i cui ricavi, secondo le stime attualmente disponibili, sarebbero estremamente consistenti.

Da ultimo, è bene precisare come la corsa allo spazio sia responsabile di una minaccia che si va ad aggiungere a quelle, per così dire, terrestri: l’inquinamento spaziale. Nell’atmosfera sono infatti presenti rottami derivanti dalle attività spaziali, calcolati in un numero di circa 9 mila, senza contare quelli di dimensioni più ridotte, non facilmente stimabili e dei quali pertanto non è possibile fornire dei numeri precisi. Un problema da non sottovalutare è, a tal proposito, il fatto che fino a poco tempo fa la maggior parte delle componenti di un razzo spaziale non era riutilizzabile, per cui veniva abbandonata in orbita o lasciata ricadere sul suolo terrestre; questo aspetto contribuiva poi, in più, a determinare gli elevati costi per la realizzazione di una missione. Con l’avvento, favorito anche dalla privatizzazione parziale dell’industria spaziale, di componenti ad alta tecnologia che sono fruibili più di una volta, i detriti sono diminuiti, certo, ma costituiscono ancora un fattore di rischio, considerato che la riduzione dei costi ha dato un nuovo slancio allo sviluppo del comparto nella sua interezza.

Se da un lato ci si aspetta che il progresso tecnologico legato all’industria spaziale abbia delle ricadute di notevole impatto scientifico in altri settori, dall’altro lato non si possono tuttavia trascurare gli inconvenienti che da questo possono derivare, da considerare con altrettanta, se non maggiore, attenzione.

Fonti consultate

https://www.rainews.it/speciali/corsaallospazio ultimo accesso 12 agosto 2022

https://www.esa.int/Space_in_Member_States/Italy/La_Cina_nello_spazio ultimo accesso 12 agosto 2022

https://www.treccani.it/enciclopedia/la-conquista-dello-spazio_%28Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/ ultimo accesso 12 agosto 2022

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