E se le organizzazioni internazionali non fossero mai esistite?

Il nostro secolo ci ha abituato a poter contare sulla forza e sull’aiuto delle organizzazioni internazionali e sul loro ruolo nel mantenimento di pacifiche relazioni tra gli Stati. Sarebbe infatti impensabile vivere, adesso, in un mondo dove non esistono l’Organizzazione delle Nazioni Unite o l’Unione Europea. Ma cosa sarebbe successo se non fossero mai esistite? 

Gli albori: le prime organizzazioni internazionali

Le prime istituzioni che possono essere annoverate come organizzazioni internazionali si fanno generalmente risalire all’Ottocento. Fu durante quel secolo, infatti, che gli Stati decisero di istituire i primi enti sovranazionali dotati di organi e poteri autonomi, tra cui preme menzionare le Commissioni fluviali atte alla gestione dei fiumi che attraversano il territorio di più Stati, l’Unione Postale Universale, l’Unione Internazionale Telegrafica.

Nei primi anni del Novecento il fenomeno si sviluppò ulteriormente e progredì, dando vita ad altre importanti agenzie specializzate, quali l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che verranno successivamente inglobate all’interno della più importante organizzazione internazionale della prima metà del Novecento: la Società delle Nazioni. Considerata al pari di un vero e proprio precursore delle Nazioni Unite, la Società delle Nazioni venne istituita ufficialmente nel 1919 a seguito della Prima guerra mondiale, con l’obiettivo di rendere disponibile un foro di cooperazione per gli Stati ove potessero pacificamente risolvere le controversie tra loro. Gli Stati fondatori scelsero, tuttavia, di dotare l’organizzazione in massima parte di poteri non vincolanti, facendo in modo che l’ultima parola in merito alle decisioni da prendere spettasse, in ultima istanza, a loro stessi e non a organi dotati di autonomi poteri rispetto agli Stati in essa rappresentati.

La Seconda guerra mondiale come turning point

Fu solo, tuttavia, a causa del fallimento della Società delle Nazioni nel prevenire lo scoppio della Seconda guerra mondiale che si decise di riparare agli errori del passato e incentivare la cooperazione interstatale, fondando delle organizzazioni internazionali che fossero dotate anche di poteri autonomi rispetto agli Stati e che garantissero la possibilità di porre fine ai conflitti interstatali senza ricorrere all’uso delle armi. Per questo motivo, già subito dopo la fine del conflitto si iniziarono i negoziati per la redazione dello Statuto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, un’organizzazione internazionale che oggi conta 193 Stati membri e che a tutt’oggi è considerata uno dei più importanti risultati degli sforzi di cooperazione interstatale finora raggiunti.

Non solo a livello mondiale furono profusi gli sforzi al fine di realizzare questo importante obiettivo. I Paesi europei, in modo particolare, erano stati interessati da conflitti a causa del perseguimento di una politica di potenza da parte di alcuni di essi, tra cui un ruolo di rilievo è naturalmente ricoperto dalla Germania. Per questo motivo, fu subito sentita, alla fine della Seconda guerra mondiale, la necessità di instaurare delle forme di cooperazione più stretta tra gli Stati del Vecchio continente, per evitare che nuovi conflitti si verificassero nel futuro.

Trovare un punto di incontro non fu facile, ma dopo qualche anno di trattative si convenì che si sarebbe potuto partire da una collaborazione basata sulla condivisione di comuni regole sulla gestione delle materie prime, al tempo rappresentate prevalentemente dal carbone e dall’acciaio. A questo dunque pose rimedio l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, costituita nel 1951, cui, pochi anni dopo, sarebbero seguite la Comunità Economica Europea e la Comunità europea per l’energia atomica (1957), a tutt’oggi il successo più importante raggiunto durante la Conferenza di Messina svoltasi nella città di mare siciliana nel 1955. Solo nel 1992 le diverse entità europee sarebbero poi convenute, con il Trattato di Maastricht, nell’Unione Europea come oggi (o quasi) la conosciamo.

Non solo il continente europeo avrebbe conosciuto la creazione di istituzioni sovranazionali a carattere regionale. Anche il continente americano, difatti, aveva conosciuto anni di dispute interstatali riguardanti l’assetto dei confini tra i Paesi. Fu anche per questo motivo che, dopo numerosi di tentativi alternativi di risoluzione miseramente falliti, si stabilì di istituire, nel 1948, l’Organizzazione degli Stati Americani, il cui statuto, la Carta di Bogotà, rappresenta ancora oggi, perlomeno dopo i Trattati istitutivi dell’Unione Europea, il più avanzato esempio di cooperazione interstatuale a livello regionale.

What if…?

Cosa sarebbe dunque successo se non fosse esistito alcun tipo di organizzazione sovranazionale del pari di quelle appena menzionate?

Le organizzazioni internazionali, pur mostrando dei limiti dovuti principalmente al fatto che le loro azioni, o le loro mancate azioni, hanno comunque, nel corso del tempo, svolto un importantissimo ruolo di mediazione tra gli Stati al fine di impedire la continuazione dei conflitti in essere.

Se l’ONU non fosse mai esistita, ad esempio, probabilmente la crisi di Suez, espressione con la quale viene descritto il conflitto che vide confrontarsi, da un lato, l’Egitto guidato dal colonnello Nasser e appoggiato dai Paesi arabi parte della Lega Araba, dall’altro, il neonato Israele appoggiato più o meno apertamente dai Paesi occidentali (in particolar modo, Francia e Gran Bretagna), non avrebbe visto una fine così rapida. Fu, infatti, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a fronte del blocco del Consiglio di Sicurezza onusiano, a statuire l’invio di forze di interposizione tra le due parti in guerra, considerato la prima operazione di peace keeping della storia. Lo stesso si può dire per la prima Guerra del golfo, espressione con la quale viene tradizionalmente identificata l’aggressione dell’Iraq guidato dal leader Saddam Hussein nei confronti del vicino Kuwait. Fu infatti il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 660 del 1990, a chiedere l’interruzione delle ostilità tra i due contendenti, e, con successive risoluzioni i cui effetti vennero più volte prorogati nel tempo, a infliggere durissime sanzioni economiche al Paese mediorientale.

L’esistenza delle istituzioni europee ha, poi, evitato invece il ripetersi di nuovi conflitti sul continente europeo, il cui rischio ha continuato ad essere ben presente almeno fino al crollo del muro di Berlino nel 1989, che segnò la fine della divisione dello Stato tedesco in due repubbliche, formalmente indipendente una, la Repubblica federale tedesca, ma legata a doppio filo agli statunitensi per garantire la propria sopravvivenza, sottoposta al giogo sovietico l’altra, la Repubblica democratica tedesca. La sua mera esistenza, non lo si può trascurare, ha peraltro impedito che nuovi conflitti potessero verificarsi anche in seguito, in particolar modo dopo l’adesione, nel 2004, dei Paesi prima sottoposti all’Unione Sovietica.

Come gli Stati, anche le organizzazioni internazionali presentano senza dubbio dei limiti derivanti dalla loro stessa natura di organismi sottoposti alla volontà degli Stati stessi. Sono, infatti, gli Stati a stabilire quali norme debbano essere contenute all’interno dei trattati istitutivi delle organizzazioni internazionali, e sono sempre quegli stessi Stati ad approvare, in ultima analisi, gli atti, vincolanti o non vincolanti che siano, che l’organizzazione è autorizzata ad emanare sulla base dello stesso trattato istitutivo. Rimane fermo il fatto, tuttavia, che la loro mera esistenza ha impedito il verificarsi di conflitti su scala globale come quelli scoppiati durante il Ventesimo secolo.


Per approfondire:

E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. Gli anni della guerra fredda 1946-1990, Laterza, Roma-Bari, 2015

C. Focarelli, Diritto internazionale, Wolters Kluwer, Milano, 2017

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